Paranormale in pazienti traumatizzati

“L’anima contiene non meno enigmi

 di quanti ne abbia l’universo con le sue galassie,

 di fronte al cui sublime aspetto soltanto uno spirito privo di fantasia

 può non riconoscere la propria insufficienza”[1]

 

(Carl Gustav Jung)

 

  

Lo studio di noi psicoterapeuti è un temenos che accoglie spesso aspetti numinosi dell’animo umano. A volte le narrazioni che vi vengono depositate appartengono ad una zona d’ombra che sfugge ad una visione logico-razionale e a colmare questo vuoto il pensiero simbolico ci è spesso di grande aiuto. Usiamo il pensiero simbolico per interpretare sogni, sintomi somatici, accadimenti sincronici e più in generale per decodificare il mondo interiore del paziente. Ci sono però eventi che fatichiamo a collocare e che sfuggono alle nostre coordinate di senso, come nel caso dei racconti di episodi che definiamo “paranormali”, intendendo con ciò accadimenti riportati come reali, che esulano da qualsiasi spiegazione scientifica che ne evidenzi i nessi di causa ed effetto,  forzando il pensiero logico ad entrare in un campo che ne sfida l’intrinseca coerenza.

  

L’antropologo italiano Ernesto de Martino, indagando il fenomeno del magismo evidenziò come i documenti etnografici che raccontano questi fatti rappresentino spesso  “uno scandalo della ricerca”, per la difficoltà nel collocare tali accadimenti all’interno di spiegazioni ‘scientifiche’. Tuttavia de Martino non soprassedette nell’indagare questo mondo, il mondo magico che dà il titolo alla sua opera pubblicata nel 1948, con lo scopo, dichiarato in prefazione, di un “allargamento dell’autocoscienza della nostra civiltà”[2] Con questo spirito che vuole anche essere un omaggio al grande antropologo italiano vorrei accostarmi ai fenomeni di natura paranormale raccontati da pazienti, spesso con vissuti traumatici alle spalle.

   

Il collegamento tra fenomeni di natura paranormale e pazienti con vissuti traumatici particolarmente gravi è prettamente empirico; nell’esperienza personale e nei racconti raccolti da altri colleghi, i due fattori sembrano avere una certa correlazione che ci limitiamo al momento ad evidenziare con la dovuta prudenza.

  

La prima domanda che ci si pone, già quando nello studio, mentre seduti nella nostra poltrona ascoltiamo la narrazione di questi racconti, è sulla loro natura: il paziente ci sta parlando di un accadimento reale o di un fenomeno allucinatorio ?

 

Nelle esperienze raccolte, direttamente dai pazienti ed indirettamente da altri colleghi psicoterapeuti, i racconti presi in esame si riferiscono a persone che non hanno diagnosi psichiatriche e che quando hanno esperito questi accadimenti erano in condizioni di coscienza vigile (a parte alcuni fenomeni accaduti mentre il paziente dormiva e che è stato svegliato proprio da questi).

 

Ci sono racconti capaci di mettere in discussione il concetto stesso che abbiamo di realtà, smussando il confine implicito che usiamo per distinguere ciò che consideriamo reale da quello che consideriamo non esserlo.

 

Il problema della realtà di questi fenomeni è centrale nella loro analisi; ancora uno volta diamo la parola a de Martino che, a proposito della realtà dei poteri magici, scrive: 

  

“Quando ci si pone il problema della realtà dei poteri magici, si è tentati di presupporre per ovvio che cosa si debba intendere per realtà, quasi si trattasse di un concetto tranquillamente posseduto dalla mente, al riparo da ogni aporia, e che il ricercatore debba «applicare» o meno come predicato al soggetto del giudizio da formulare. Ma per poco che l’indagine venga iniziata e condotta innanzi, si finisce prima o poi col rendersi conto che il problema della realtà dei poteri magici non ha per oggetto soltanto la qualità di tali poteri, ma anche il nostro stesso concetto di realtà, e che l’indagine coinvolge non soltanto il soggetto del giudizio (i poteri magici) ma anche la stessa categoria giudicante (il concetto di realtà).”[3]

  

I fenomeni indagati nel presente lavoro non rientrano certo nello studio di ‘poteri magici’ e i pazienti che li raccontano non li considerano come tali. Quando però chiediamo ai pazienti in merito alla ‘realtà’ dei fenomeni raccontati, essa non è mai messa in discussione. E’ fuor di ogni dubbio che i loro apparati sensoriali, il loro udito, la loro vista hanno registrato degli accadimenti vissuti come al di fuori della persona e considerati dal soggetto come eventi reali.

  

Facendoci guidare da un doveroso approccio prudente, dobbiamo perlomeno considerare che la coscienza del soggetto narrante non riconosce come ‘autoprodotti’ i contenuti dell’esperienza narrata e che lo stesso non presenta diagnosi inerenti la sfera psicotica o episodi di dissociazione psicotica.

  

Carl Gustav Jung scrisse la sua tesi di laurea su alcuni fenomeni paranormali, intitolandola “Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti”, riportando e analizzando l’esperienza vissuta partecipando ad una serie di sedute spiritiche dove una giovane cugina faceva da medium. Nelle memorie di Jung, raccolte dalla sua assistente Aniela Jaffé, lo psichiatra svizzero racconta che decise di partecipare a queste sedute spiritiche in seguito ad alcuni fenomeni occorsi nella sua abitazione di Klein Hüningen nell’estate del 1898.

 

Mentre era intento a studiare nella sua stanza, con uno scoppio, come un colpo di pistola, si apre una crepa nel massiccio tavolo in noce stagionato oramai da 70 anni, fatto che lascia Jung esterrefatto per la sua inspiegabilità e che fa dire a sua madre: «questo fatto ha un significato!». Due settimane dopo, con un rumore assordante, va in frantumi il coltello del pane all’interno di una credenza, coltello che esaminato poi da un coltellinaio non presenta nessun difetto nel materiale. Collegandosi a queste esperienze, racconta Jung che: “Alcune settimane dopo sentii che certi nostri parenti da qualche tempo si occupavano di sedute spiritiche, e avevano anche una medium, una ragazza di quindici anni e mezzo. Era già da un po’ che avevano pensato di farmi incontrare la medium, che produceva stati di sonnambulismo e fenomeni spiritici. Quando sentii questo, immediatamente pensai alle strane manifestazioni verificatesi nella nostra casa, e pensai che potessero essere in qualche maniera connesse con questa medium.”[4]

  

Nel Marzo del 1909 Jung fece visita a Freud nella sua abitazione/studio di Vienna e durante un momento particolare della loro conversazione si verificò un forte rumore, proveniente dalla libreria accanto che Jung interpreta come “fenomeno catalitico di esteriorizzazione[5].

  

Troviamo questo episodio raccontato nella biografia di Jung:

“Mi interessava sentire il parere di Freud sulla precognizione e sulla parapsicologia in genere. Quando lo andai a trovare a Vienna nel 1909, gli chiesi che cosa ne pensasse. A causa dei suoi pregiudizi materialistici respinse in blocco tutti questi problemi come assurdi, e lo fece nei termini di un così superficiale positivismo, che mi trattenni a fatica dal rispondergli aspramente. (…)

 Mentre Freud esponeva i suoi argomenti, provavo una strana sensazione. Era come se il mio diaframma fosse di ferro e si fosse arroventato, come una vòlta incandescente. E in quel momento ci fu un tale schianto nella libreria, che era proprio accanto a noi, che entrambi ci alzammo in piedi spaventati, temendo che potesse caderci addosso. Dissi a Freud: «Ecco, questo è un esempio del cosiddetto fenomeno di esteriorizzazione catalitica.»

 «Suvvia,» disse «questa è una vera sciocchezza !»

 «Ma no,» risposi «vi sbagliate, Herr Professor, e per provarvelo ora vi predico che tra poco ci sarà un altro scoppio!» E, infatti, non avevo finito di dirlo che si udì nella libreria un altro schianto eguale al primo!

 Ancora oggi non so che cosa mi desse quella certezza. Ma sapevo al di là di ogni dubbio che il colpo si sarebbe ripetuto. Freud mi guardò stupefatto, senza dire nulla.

Non so che cosa gli passasse per la mente, e che cosa volesse dire il suo sguardo. In ogni caso di qui nacque la sua diffidenza nei miei riguardi, ed ebbi la sensazione di aver fatto qualcosa che l’avesse contrariato. Non gli parlai mai più dell’incidente.”[6]

  

Il pensiero junghiano postula che l’energia psichica possa agire anche al di fuori dell’individuo, concetto espresso nei termini di una ‘esteriorizzazione catalitica’; la psiche quindi non sarebbe costretta all’interno di limiti spazio-temporali, connessa al grande serbatoio dell’inconscio collettivo, potrebbe agire anche al di fuori della persona, sull’ambiente circostante.  

 

A tal proposito scrive Jung: “Mi sono limitato ad accennare a questo gruppo di fenomeni (l’autore ha appena fatto un escursus sui fenomeni telepatici, n.d.A), per rilevare come l’imprigionamento della psiche nel cervello, e cioè la sua limitazione spazio-temporale, non sia per nulla così indubbia e incrollabile come si è creduto sinora. (…) Il fatto che le nostre capacità di rappresentazione non siano assolutamente in grado di immaginare una forma di realtà extra-spazio-temporale, non prova però che una tale realtà non sia possibile. (…) L’essenza della psiche si estende in tenebre che sono molto al di là delle nostre categorie intellettuali. L’anima contiene non meno enigmi di quanti ne abbia l’universo con le sue galassie, di fronte al cui sublime aspetto soltanto uno spirito privo di fantasia può non riconoscere la propria insufficienza. Data quest’estrema incertezza delle concezioni umane, la presunta faciloneria illuministica non è soltanto ridicola, ma desolatamente priva di spirito. Se dunque qualcuno dovesse trarre dall’esigenza di un suo intimo sentimento, oppure in concordanza con alcune antichissime dottrine dell’umanità, o dal fatto psicologico che esistono percezioni ‘telepatiche’, la conclusione che la psiche partecipi profondamente a una forma di realtà extra-spazio-temporale e appartenga quindi a ciò che in modo inadeguato e simbolico viene detto ‘eternità’, l’intelletto critico non potrebbe contrapporli altro argomento che uno scientifico non liquet (non è chiaro).”[7]

  

Allorché Jung scrisse ‘Septem Sermones ad mortuos’ (1916), lo fece spinto dalla ‘necessità’ in quanto la sua casa in quel periodo ‘pullulava di spiriti’. Scrive nelle sue memorie: “C’era intorno a me un’atmosfera sinistra: avevo la strana sensazione che l’aria fosse pregna di entità spettrali. Poi fu come se la mia casa fosse abitata dagli spiriti. La maggiore delle mie figlie vide una figura bianca attraversare la stanza; la seconda, indipendentemente dalla sorella, riferì che per due volte nella notte le era stata portata via la coperta; (…) La domenica, verso le cinque del pomeriggio, il campanello del portone di casa si mise a suonare pazzamente. Era un giorno chiaro d’estate, e le due domestiche stavano in cucina, da dove si poteva vedere tutta la piazza antistante la casa. Io stavo seduto non lontano dal campanello, e non solo l’avevo sentito suonare, ma l’avevo visto muovere. Tutti corsero immediatamente alla porta per vedere chi fosse, ma non si vide nessuno. Ci limitammo a guardarci in faccia: l’atmosfera era greve! Allora capii che doveva accadere qualcosa. Tutta la casa era come abitata da una folla di gente, come se fosse stipata di spiriti. Si affollavano fin sotto la porta, e si aveva la sensazione di poter respirare a fatica.”[8]

  

Simile esperienza l’ebbe Jung costruendo la famosa torre sul lago di Zurigo. Racconta nella sua biografia che: “Quando cominciammo a costruire a Bollingen, nel 1923, la mia figlia maggiore venne a trovarci e disse: «Che? Stai costruendo qui? Ma qui vi sono dei cadaveri!» Naturalmente io pensai: «Che sciocchezze! Manco a parlarne!» Ma quando, quattro anni più tardi costruimmo la dipendenza, trovammo uno scheletro a circa due metri e venti sottoterra. (…) Mia figlia aveva avvertito la presenza del cadavere: ha ereditato il potere di sentire tali cose dalla mia nonna materna”[9]

  

E’ certamente difficile collocare questi fenomeni all’interno di una ‘psicologia scientifica’, come risulta improbabile spingerli all’interno di descrizioni nosologiche da Manuale DSM. Nel pensiero occidentale odierno sono venute a mancare le coordinate mitologiche che alimentavano credenze popolari e folklore, all’interno delle quali porre questi tipi di accadimenti.

 

In altre culture, e soprattutto nelle culture tradizionali, eventi di natura parapsicologica trovano ubicazione all’interno dei miti, credenze, ideologie magico-religiose che li spiegano e li contengono. Anche il pensiero cristiano pre-scientifico riusciva a collocare questi fatti, dotandoli di un significato che li metteva in relazione a concezioni quali anime dei morti, entità demoniache, epifanie di santi o del divino, oppure li collegava al folklore popolare che faceva parlare folletti, elfi, anguane, streghe e una schiera di spiriti e di entità più o meno benevole.

  

Nel nostro pensiero moderno questi eventi restano miseramente orfani e difficilmente trovano una collocazione nelle attuali coordinate di senso che non li prevedono; possiamo solo, una volta raccolti con un approccio meramente fenomenologico, porli all’interno di quelle griglie di pensiero che ognuno di noi si è costruito individualmente. Personalmente sono spinto a condividere l’idea che l’energia psichica possa avere influenze, in determinate condizioni, e il trauma è una di queste, al di fuori dell’individuo, connettendosi a volte anche con i contenuti dell’inconscio collettivo che vengono esperiti come fenomeni extra-corporei.  

  

La realtà di una ‘energia psichica’ è ben presente negli scritti di Jung. In ‘Energetica psichica’ del 1928 egli condivide un’affermazione dello psicologo russo Nicolas von Grot che scrive: “Il concetto di energia psichica è, da un punto di vista scientifico, altrettanto legittimo quanto quello di energia fisica, e l’energia psichica ha le stesse misure quantitative e le stesse diverse forme che l’energia fisica”[10]

  

Ora sappiamo che il trauma, se particolarmente intenso o ripetuto, ha profondi effetti sulla psiche, in particolar modo nella psiche in evoluzione di un bambino, causando una frammentazione della coscienza (Jung li ha definiti “psiche scisse” o complessi) scindendo delle parti che assumono connotati di autonomia funzionale. Queste parti psichiche, particolarmente cariche energeticamente e scisse alla coscienza potrebbero esercitare un’influenza che superi, in certe situazioni, i limiti dell’individuo, proiettandosi sull’ambiente circostante.  Detto in altre parole, eventi traumatici possono causare la scissione di una o più parti della psiche che sovraccaricate energeticamente, potrebbero ‘scaricarsi’ anche sull’ambiente esterno o connettersi in modo autonomo a contenuti dell’inconscio collettivo.

 

Restando in questo ambito, potremmo ad esempio chiederci se le cruenti prove di iniziazione, con i riti di morte e rinascita, tipiche dell’apprendistato dello sciamano nelle culture tradizionali non siano volte anche a creare una simile situazione psichica. Allo stesso tempo anche soggetti particolarmente sensibili sembra possano esperire fenomeni di natura paranormale senza che vi siano vissuti particolarmente traumatici alle spalle.

  

Certamente muovendoci nell’ambito del parapsicologico ogni affermazione deve essere vestita con l’abito della prudenza per accogliere in se il dubitativo ‘posset esse’; rimane comunque il bisogno per noi psicoterapeuti di accogliere anche questi fenomeni come parte del mondo fenomenologico del paziente, cercando, pur nella nebbia della ragione, di rintracciare assieme il senso, per dotarli di quei significati simbolici che possano permettere di integrare le esperienze all’interno della psiche del paziente.  

 

 

 

 

Bibliografia

 

 

 

  • de Martino Ernesto, Il mondo magico, Bollati Boringhieri, Torino, 2010 (1948)
  • Jung Carl Gustav, Anima e morte – Sul rinascere, Torino,  Boringhieri, 2006 (1934 – 1940/1950)
  • Jung Carl Gustav, Energetica psichica, Torino, Boringhieri, 2013 (1928)
  • Jung Carl Gustav, Ricordi, sogni, riflessioni. Raccolti ed editi da Aniela Jaffé, BUR, Milano, 2006 (1962)
  • Kalsched Donald, Il mondo interiore del trauma, Moretti&Vitali, Bergamo, 2014 (1996)
  • Shamdasani Soru, Jung messo a nudo, Edizioni Magi, Roma, 2008 (2005)

 



[1] C.G. JUNG, Anima e morte – Sul rinascere, Torino. Boringhieri, 2006. 34

[2] E. de Martino, Il mondo magico, Bollati Boringhieri, Torino, 2010. Pag. 3

[3] E. de Martino, Il mondo magico, Bollati Boringhieri, Torino, 2010. Pagg. 9-10

[4] C.G.Jung, Ricordi, sogni, riflessioni. Raccolti ed editi da Aniela Jaffé, BUR, Milano, 2006. Pagg. 143, 144

[5] S. Shamdasani, Jung messo a nudo, Edizioni Magi, Roma, 2008. Pag. 109

[6] C.G.Jung, Ricordi, sogni, riflessioni. Raccolti ed editi da Aniela Jaffé, BUR, Milano, 2006. Pagg. 196, 197

[7] C.G. Jung, Anima e morte – Sul rinascere, Torino. Boringhieri, 2006. 32-35

[8] C.G.Jung, Ricordi, sogni, riflessioni. Raccolti ed editi da Aniela Jaffé, BUR, Milano, 2006. Pagg. 234

[9] C.G.Jung, Ricordi, sogni, riflessioni. Raccolti ed editi da Aniela Jaffé, BUR, Milano, 2006. Pagg. 279, 280

 

[10] Jung C.G., Energetica psichica, Torino, Boringhieri, 2013. Pag. 19