Songye / Basonje (RDC, ex Zaire)

I Songye sono un popolo bantu dell'Africa centrale stabilitosi nel sud-est della Repubblica Democratica del Congo, nel distretto di Kabinda vicino al fiume Lomami. Secondo le fonti, ci sono diverse varianti di nome: Basengele, Basonge, Basongo, Basongye, Bassonge, Bayembe, Kisongye, Sengele, Songe, Songhe, Songyes, Wasonga, Yembe …
Hanno stretti legami con Luba con i quali condividono antenati mitici. Originariamente facevano parte del regno Luba ma i dissensi politici hanno spinto ad una serie di migrazioni che li hanno portati fuori dalle loro aree geografiche di dominio. 
Famosi per le loro produzioni artistiche, e in particolare per le loro famose maschere a strisce "Bifwebe", e per i feticci "Nkishi", i Songye sono un gruppo patriarcale e si distinguono per un sistema politico originale.
La società Songyé è composta da una ventina di capi indipendenti che condividono un'organizzazione politica basata sulla condivisione del potere: dopo alcuni anni di esercizio, il titolare di un incarico politico lascia il posto al suo successore, scelto da un altro gruppo di parentela, in modo tale che nel tempo i diversi gruppi di parentela possano avere pari accesso al potere, eliminando così la possibilità di una concentrazione del potere nelle mani di un unico gruppo parentale che porterebbe inevitabilmente a dei conflitti all'interno della società.
Hanno diversi tipi di associazioni, come la società segreta maschile Bwadi Ka Kifwebe che esercita il controllo sociale e la società religiosa Bukhisi che coltiva i costumi tradizionali e controlla la stregoneria, una attività che tra i Songye ha un ruolo più importante del culto degli antenati. 

 Arte Africano Arti Collezione Tribale - Antico Maschera Songye Kifwebe - 51 CMS - Foto 1 di 19

Le maschere bifwebe (kifwebe al singolare) sono tra gli oggetti cerimoniali della società omonima (bwadi ka kifwebe) che svolge ancora oggi un ruolo di prestigio tra i Songyé Orientali.
I membri di questa società sono i basha masende, che possiedono le conoscenze necessarie per interagire con le divinità. Le maschere Bifwebe sono indossate con un abito lungo e una lunga barba in fibra vegetale, durante le cerimonie più importanti.
La maschera femminile detta kilume (bilum plurale), a differenza di quella dell'uomo, non ha la cresta nella parte superiore della testa e comprende incisioni fini dipinte di bianco sul viso. E' più piccola di quella maschele e gli occhi e la bocca sono meno sporgenti. 
Maschere, colori e costumi hanno un significato simbolico. Ogni parte della faccia della maschera è associata ad un animale determinato come il leone, la zebra, il coccodrillo o il porcospino, di cui maschera imita il comportamento.
D'altra parte, i colori esprimono vari tratti di carattere o disposizioni mentali; ad esempio, il bianco simboleggia aspetti positivi come purezza, pace, luna e luce; il colore rosso è associato a sangue, fuoco, coraggio e forza, ma anche alla distruzione e alla magia negativa.
Le striature sono una scrittura a doppio senso: percorso o cammino dei morti in attesa di rinascita, mentre il naso o l'asse verticale di esso rappresenta l'albero della vita.
La bocca rappresenterebbe il becco dell'uccello o il fuoco dello stregone.

Nella danza le maschere maschile e femminile formano una coppia. Gli spiriti degli antenati maschili e femminili sono invocati per prendere possesso delle maschere, che hanno lo scopo di preservare la forza vitale dei fondatori del villaggio a beneficio dei discendenti.  

Le statue chiamate Nkisi (plurale mikisi) con il significato di "medicina di Dio" rappresentano uno spirito di un antenato proveniente dalla terra dei morti che ha accettato un certo controllo attraverso cerimonie rituali praticate da "specialisti del sacro" chiamati banganga (nganga al singolare). 

L'utilizzo è generalmente a scopo protettivo, verso nemici, malattie, ladri, influssi nefasti e negativi...etc, oppure per garantire la fertilità delle donne. 

Tra i Songye sono stati identificati almeno una decina di stili diversi di Nkisi in cui il maschile è predominante forse per la patriarcalità della società. Comunemente le statue sono rappresentate con le braccia abbassate, gli avambracci ad angolo retto con le mani che circondano l'ombelico, considerato la chiave che apre la porta del mondo e la prima apertura del corpo attraverso la quale l'uomo nuovo entra in contatto con l'universo. Le mani ai ai lati dell'ombelico indicano a tutti che l'antenato è la fonte della stirpe e che, anche se morto, ne fa ancora parte e veglia su di essa. Ad altezza dell'ombelico c'è una cavità dove vengono inserite le sostanze magiche che "attivano" la statua (a volte si trovano sulle corna e sulla schiena). L'efficacia del Nkisi dipende dalla potenza di questa carica magica chiamata bijimba.

La testa porta generalmente da 1 a 3 corna, la  bocca ha numerose varianti, il mento è quadrato e il collo allungato in modo da poter indossare numerose collane. I piedi sono molto grandi quando sono scolpiti in quanto certi Nkisi sono tagliati all'altezza della vita.  

Sulla statua sono applicate bande e borchie metalliche, spesso sul viso, a monito del potere che emana dalla statua e della sua capacità di proteggere dalle magie negative degli stregoni. 

Le statue, tramandate di generazione in generazione, sono conservate in piccole capanne, costruite per loro, da cui non escono se non quando è richiesta la forza che possiedono.

Le grandi statue sono curate dai sacerdoti e sono di proprietà dell'intera comunità, essendo destinate a favorire il benessere dell'intero villaggio mentre quelle più piccole sono per uso familiare o privato. Sono spesso realizzate da artigiani locali e non sono necessariamente attivate da famosi banganga. Vengono usate per scopi personali, familiari o divinatori e sono conservate in ceste o grandi zucche. Poiché hanno una grande carica magica che può essere potenzialmente pericolosa, queste figure non devono essere toccate e vengono mosse con l'aiuto di bastoni, corde o ferri attaccati alla loro braccia o alle cinture che li adornano e vengono curate e mantenute con frequenti applicazioni di olii o a volte di polvere di tukula (una polvere rossa realizzata con foglie macinate di Baphia nitida).

 

Le statue sono venerate con cerimonie e sacrifici, soprattutto nel momento della luna piena, che i Songye considerano il grembo primordiale e simbolo della fertilità e del potere di procreare. Questi rituali rinnovano i poteri delle statue e mantengono l'armonia delle relazioni con gli antenati, poiché sia le cerimonie che il sangue versato nei sacrifici ripristinno l'energia sottile che gli spiriti spendono nelle loro performance.